Disturbo da Alimentazione Incontrollata

La mente smaltisce le emozioni con il cibo, il corpo pur volendo non perde mai peso

Nel 2013 l'Associazione degli Psichiatri Americani (APA) ha riconosciuto al Disturbo da Alimentazione Incontrollata (in sigla: BED, dal nome inglese, Binge Eating Disorder) una categoria diagnostica a sè, data l'importanza e la diffusione di questa forma di disagio. Infatti nell'ultima edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5)*, ad opera della stessa APA, il BED viene presentato nei seguenti termini:

A. Ricorrenti episodi di abbuffata. Un episodio di abbuffata è caratterizzato da entrambi i seguenti aspetti:

  1. mangiare in un periodo preciso di tempo (ad es. entro un periodo di due ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili;
  2. sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (ad es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando).

B. Gli episodi di abbuffata sono associati con tre (o più) dei seguenti aspetti:

  • mangiare molto più rapidamente del normale
  • mangiare fino a che non ci si sente spiacevolmente pieni
  • mangiare una grande quantità di cibo quando non ci si sente affamati
  • mangiare da soli a causa dell'imbarazzo di quanto si sta mangiando 
  • sentirsi disgustati di se stessi, depressi o in colpa dopo l’abbuffata                               

C.  E’ presente grosso disagio riguardo agli episodi di abbuffata

D. Gli episodi di abbuffata si verificano mediamente almeno 1 volta a settimana nel corso di 3 mesi

E. Le abbuffate non sono associate all'uso ricorrente dei comportamenti compensatori inappropriati (vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici, clisteri e il digiuno o l’esercizio fisico eccessivo) e non si manifestano esclusivamente nel corso di Anoressia Nervosa o di Bulimia Nervosa.

*American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition (DSM-5) [tr. it. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Quinta edizione (DSM-5) (pp.405-406). Milano: Raffaello Cortina Editore, 2014]. Arlington: American Psychiatric Publishing.

Come appare una persona affetta da BED?
Ciò che colpisce nell'incontro con questi pazienti è il loro vagheggiare sul giorno in cui saranno magri, giorno in cui potranno davvero essere felici e affrontare tutti gli aspetti della loro vita al meglio, aspetti che rimangono problematici e insoluti nel frattempo perché vengono vissuti come impossibili da cambiare. Ed è questo che li ha sempre spinti, a volte fin dalla giovane età, a provare tutti i tipi di diete e rimedi per non ingrassare, che si rivelano immancabilmente inefficaci (Howard et al., 1999; Grissett & Fitzgibbon, 1996; de Zwaan et al., 1994; Kuehnel et al., 1994). Proprio per via della loro obesità, il fatto di dover dimagrire è una necessità e un obiettivo valido per ogni giorno. Questo polo di tensione è sempre presente e quando viene disatteso con le abbuffate suscita in essi sentimenti negativi verso se stessi, fra cui anche stati depressivi, e fa sì che l'incontro con gli altri e con gli ambiti della vita sia sempre vissuto con senso di inferiorità e incapacità. Un po' come accade nell'Anoressia Nervosa, anche in questi soggetti può avere luogo un forte isolamento sociale per l'imbarazzo di mostrarsi in pubblico, oltre che per la minore abilità motoria dovuta al peso in eccesso. Per certi versi, è il disturbo del comportamento alimentare che fa più i conti con la spietatezza della società, che da una parte incentiva tali pazienti a provare tutti i possibili percorsi nutrizionali per dimagrire e dall'altra infligge agli stessi pazienti lo sberleffo e il giudizio relativo alla loro grassezza, vissuti sulla pelle come sinonimo di inadeguatezza e motivo di svalutazione di sé (Eldredge & Agras, 1997). Il loro stato psico-fisico mina e riduce profondamente le possibilità di vivere una vita pienamente realizzata.

Come si delinea il rapporto “tra mente e corpo” nel Disturbo da Alimentazione Incontrollata?
Nel Disturbo da Alimentazione Incontrollata il corpo viene vissuto come cassa di risonanza e silenziatore delle difficoltà vissute. In ordine, il corpo, esperito nella sua sazietà a seguito di episodi di abbuffate, riesce a spegnere i vissuti dal forte impatto emotivo che sono dati da circostanze nelle quali le persone si sentono svalutate o sotto pressione. Si è riscontrato ad esempio che questi pazienti rispetto agli obesi valutano se stessi più negativamente dopo esperienze di fallimento  (Fremouw & Heyneman, 1983). Tuttavia, l'aumento di peso dovuto a questo mangiare incontrollato fa sì che ci si allontani sempre di più dal peso ideale (Striegel-Moore et al., 1998). Questa forbice sempre più ampia tra peso reale e ideale fa da cassa di risonanza al senso di inadeguatezza già presente in tali persone che viene gestito nuovamente attraverso le abbuffate, alimentando ulteriormente il senso di negatività personale. Avviene così un circolo vizioso in cui ci si protegge dagli attacchi del mondo con le abbuffate, ma l'aumento di peso conseguente peggiora le aspettative psico-fisiche di vita.
La mente smaltisce le emozioni con il cibo, il corpo pur volendo non perde mai peso. Spezzare questa catena è possibile.

Perché è necessario intraprendere un percorso psicoterapeutico per curare il Disturbo da Alimentazione Incontrollata?
Come si è appena detto, i percorsi di cura focalizzati sulla perdita di peso sono poco efficaci e utili nel ridurre le abbuffate e il malessere associato (Kirkley et al., 1992). I trattamenti più fruttuosi sono quelli che intervengono prima di tutto sugli episodi di alimentazione incontrollata (Dingemas, Bruna & van Furth, 2002). Rispetto a questo, numerosi studi ed esperti convergono sul punto che le abbuffate e le problematiche psicologiche relative si ridimensionano di gran lunga con interventi psicoterapeutici focalizzati a questi aspetti piuttosto che con trattamenti aspecifici (Wilson et al., 2010; Munsch et al., 2007; Grilo & Masheb, 2005; Devlin et al., 2005). E' evidente che solo se vengono affrontate quelle problematiche e tensioni psicologiche che scatenano l'abbuffata si può dare a queste persone una nuova chance di vita e spezzare il circolo vizioso che si crea tra emozioni-cibo-peso. In questa direzione, il lavoro psicoterapeutico consiste nel delineare modalità diverse, più proficue, di affrontare e gestire le difficoltà e nel ristrutturare la stima di sé e il valore personale di questi pazienti. Contrariamente a quanto creduto da essi, il senso di capacità non dipende da quanto si pesa ma da come si affrontano (Che emozioni suscitano? Come ci si sente?) le situazioni e le persone che procurano sofferenza e disagio. Non è affatto vero che solo quando si sarà magri si potrà stare bene. Piuttosto accade che vivendo meglio non si sente il bisogno di abbuffarsi e il peso rimane sotto controllo. Questo è il fulcro della psicoterapia che promuove passo dopo passo il rimettersi in gioco e il dischiudersi di nuovi orizzonti per la propria vita.

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DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
“tra mente e corpo”
disturbi psicosomatici e del comportamento alimentare
Dott.ssa Giovanna Susca, psicologa e psicoterapeuta
tel. +39 328 9133794 - eMail: info@tramenteecorpo.it - sede: Bari, Puglia
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