Anoressia Nervosa

La mente per sentirsi bene tiene le briglie del corpo che sente fame

L'Anoressia Nervosa (AN) è, fra i Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), quello più conosciuto e a più forte impatto mediatico. Infatti, più volte l'opinione pubblica è stata scossa dalla visione di forme croniche ed estreme di tale patologia e si è ritrovata a dibattere sulle sue cause scatenanti, giungendo a puntare il dito contro i media, il mondo della moda e dello spettacolo. Tuttavia, gli addetti ai lavori sanno bene che ogni anoressica/o (anche i ragazzi possono esserne colpiti, sebbene il rapporto sia di 1 caso su 10 ragazze) ha una storia a sé, nella quale vari fattori personali, relazionali e sociali concorrono all'esordio della malattia. Dunque i canoni di bellezza propugnati dai media possono ragionevolmente costituire solo un fondo di verità o, meglio, uno sfondo su cui si stagliano tutti gli altri aspetti. Non è possibile semplificare la questione, cioè la vita di ogni paziente, prendendo in considerazione solo un aspetto tra i tanti.
Inoltre, mentre decenni fa la AN era, fra i DCA, il disturbo più diffuso e attorno al quale si concentrava maggiormente l'attenzione degli studiosi (ad esempio, Bruch, 1978), attualmente è il meno riscontrato nella pratica clinica. Infatti, solo una percentuale tra l' 8 e il 18% dei casi di DCA sono affetti da Anoressia Nervosa (Fairburn & Cooper, 2011; Helverskov et al., 2011). Questo aspetto induce a riflettere su come i disturbi possano cambiare nel corso del tempo, non solo rispetto alla loro diffusione nella popolazione, ma anche nelle modalità in cui si manifestano.
L'Associazione Psichiatrica Americana (APA) ha pubblicato nel 2013 la Quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5)* in cui diversi disturbi sono stati sottoposti ad aggiornamento e revisione, Anoressia inclusa.

Nel testo, infatti la definizione dell'Anoressia Nervosa viene aggiornata come segue: 

A. Restrizione nell'assunzione di calorie in relazione alle necessità, che porta a un peso corporeo significativamente basso nel contesto di età, sesso, traiettoria di sviluppo e salute fisica. Il peso corporeo significativamente basso è definito come un peso inferiore al minimo normale oppure, per bambini e adolescenti, meno di quello minimo previsto. 

B. Intensa paura di aumentare di peso o di diventare grassi, oppure un comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, anche se significativamente basso.

C. Alterazione del modo in cui viene vissuto dall'individuo il peso o la forma del proprio corpo, eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sui livelli di autostima, oppure persistente mancanza di riconoscimento della gravità dell’attuale condizione di sottopeso.  

Può manifestarsi in due modi:

  • Con Restrizioni: durante gli ultimi 3 mesi, l'individuo non ha presentato ricorrenti episodi di abbuffata o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi). In questo sottotipo la perdita di peso è ottenuta principalmente attraverso la dieta, il digiuno e/o l'attività fisica eccessiva.
  • Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione: durante gli ultimi 3 mesi, l'individuo ha presentato ricorrenti episodi di abbuffata o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).

* American Psychiatric Association (2013),  Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition (DSM-5) [tr. it. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Quinta edizione (DSM-5) (p. 391). Milano: Raffaello Cortina Editore, 2014] Arlington: American Psychiatric Publishing. 

Come appare una persona affetta da Anoressia Nervosa?
Ciò che colpisce quando si interagisce con una persona affetta da Anoressia Nervosa è la discrepanza tra come appaia all'esterno e come questa si viva e percepisca tra sé e sé. Infatti, per dirla con le parole di Bruch (1962), dietro la rigidità e irreprensibilità giace una forte vulnerabilità. Tali persone si mostrano oppositive e tenaci, anche nel contesto terapeutico, ma in realtà sono fortemente sensibili al giudizio altrui, compiacenti verso gli altri e hanno un forte senso di incapacità personale. Questi elementi contribuiscono ad alimentare il perfezionismo, il loro tratto più tipico. Infatti, si differenziano sia da soggetti sani che da pazienti affetti da altri disturbi mentali per un marcato perfezionismo e un giudizio svalutante e negativo nei propri confronti (Fairburn et al., 1999). Le anoressiche in fase conclamata del disturbo, in quanto fortemente sottopeso, mostrano, rispetto a donne sane, un marcato perfezionismo sia orientato a sé, cioè basato su standard da raggiungere e regole da rispettare auto-imposti, sia prescritto socialmente, cioè inerente all'adesione alle aspettative altrui. Cosa interessante è che anche le anoressiche che hanno ristabilito il peso si mostrano più tendenti al perfezionismo rispetto alle donne sane, anche se questo è esclusivamente orientato a sé (Bastiani et al., 1995). I soggetti con AN dunque si contraddistinguono per: i loro strenui sforzi atti ad evitare di commettere errori nella vita quotidiana e le critiche degli altri per loro importanti (ad esempio, i genitori), il timore di compiere degli sbagli, i dubbi sulla correttezza delle loro azioni, e una più forte adesione alle aspettative di eccellenza proprie e degli altri per loro significativi (Halmi et al., 2000). Quanto più l'impatto di un giudizio negativo da parte degli altri o di un fallimento personale può essere devastante in termini di auto-stima e di senso di capacità e valore personale, tanto più queste persone cercano di ridurre la probabilità che ciò accada aumentando il controllo sull'oggetto della valutazione e cercando di raggiungere standard di eccellenza per preservare un minimo di percezione di sé positiva. Le persone affette da AN non vivono al momento perché estremamente preoccupate delle conseguenze dei loro comportamenti e cercano regole quando non ce ne sono (Wagner et al., 2007).

Come si delinea il rapporto "tra mente e corpo" nell'Anoressia Nervosa?
O si è nel mondo garantendo standard eccellenti o vi si rifugge. Ed è così che la vita di una persona anoressica, così come la sua emotività, si incentra sempre meno sugli ambiti nei quali si articolano le esistenze ordinarie, come lo studio, il lavoro, gli amori, gli amici e la famiglia, e sempre più ritirata, ricondotta e richiusa su se stessa, fino a ridursi alle dimensioni del proprio corpo, un corpo esperito nella sua fame. Ed è dal controllo e dalla totale autonomia di gestione di questo unico ambito-roccaforte, che trae un senso di sé, sicuro, perché lo può controllare senza interferenze degli altri, e positivo, perché il controllo e la vittoria sulla fame è l'unità di misura, il criterio per attribuire a se stessa valore e capacità personali. In questa dinamica, quanto più si sfida la fame, riducendo o eliminando il cibo e/o aumentando l’attività fisica, quanto più si trae un senso positivo di se stessi.  La mente per sentirsi bene tiene le briglie del corpo che sente fame.

Perché è necessario intraprendere un percorso psicoterapeutico per curare l'Anoressia?
Come abbiamo detto, il cuore della patologia è l'implicazione del corpo (affamato) nello stabilire il proprio valore personale che non viene invece tratto dagli altri ambiti della vita, come le relazioni, le mete da raggiungere e gli affetti, i quali invece sono vissuti con sempre maggiore distacco. Questo spiega come mai la paura di ingrassare e l'influenza del peso e delle forme corporee sull'autostima siano i fattori discriminanti della malattia.

Tali dati hanno delle implicazioni pratiche. Infatti molto spesso i genitori o le persone vicine a una persona affetta da AN fanno pressioni e cercano in tutti i modi di convincerla a mangiare e a riprendere il peso perduto, ma questi intenti, seppure mossi da sincero interesse e preoccupazione, si rivelano inutili e, piuttosto, alimentano la tensione e la incomunicabilità fra le parti. Anche nell'ambito di cura, intervenire sul mero ripristino del normopeso e sulla riabilitazione alimentare è inutile se non si intraprende un percorso psicoterapeutico atto ad affrontare quegli aspetti problematici che impediscono la riapertura al mondo e una diversa gestione della criticità e della vulnerabilità esperite nell'incontro con l'altro e negli ambiti della vita. Non a caso, le linee guida stilate nel 2004 dal National Institute for Clinical Excellence (NICE) scoraggiano fortemente un percorso di cura incentrato solo sulla consulenza nutrizionale e sottolineano l'importanza della psicoterapia per fornire un intervento efficace e utile. Ed è a questo a cui si mira nel lavoro quotidiano con i pazienti.

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DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
“tra mente e corpo”
disturbi psicosomatici e del comportamento alimentare
Dott.ssa Giovanna Susca, psicologa e psicoterapeuta
tel. +39 328 9133794 - eMail: info@tramenteecorpo.it - sede: Bari, Puglia
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